Finalmente una buona notizia dal mondo del lavoro: a giugno del 2022 l’ISTAT ha rilevato un’occupazione pari al 60,1%, un livello che non si registrava dal 1977, in pieno boom economico. Inoltre il dato è ancora più importante perché è trainato dall’aumento dei contratti a tempo indeterminato, anche se questo aspetto merita un chiarimento.
Se da una parte l’aumento degli occupati è una notizia importantissima, dall’altra persiste il problema delle competenze mancanti e, soprattutto, dell’inflazione che, trainata dall’aumento dei prezzi del gas, galoppa verso livelli preoccupanti, anche se l’Italia ha ancora i dati migliori del vecchio continente.
La crescita dell’occupazione si regge su basi sempre più solide. Infatti, non solo i dipendenti stabili toccano il massimo di sempre, ma continua a calare anche la quota di inattivi, coloro cioè che non hanno un impiego né lo stanno cercando. Questi, dopo essere aumentati in maniera importante durante la pandemia, sono ormai in discesa permanente da un anno e mezzo a questa parte e scendono a giugno di 91 mila unità.
La pandemia ha invece ormai lasciato il segno in modo permanente sul mondo dei lavoratori indipendenti: partite Iva, artigiani e liberi professionisti. Quasi 250 mila di questi lavoratori sono spariti dai radar da inizio 2022 e i dati non suggeriscono alcuna inversione di tendenza, mentre lo stock complessivo ormai si posiziona stabilmente sotto quota 5 milioni.
Buone notizie solo statistiche, quindi, per il record del tasso di occupazione, che, ricordiamolo, rappresenta il numero di persone con un lavoro sul totale della popolazione tra 15 e 64 anni. Mai così tante persone, in percentuale, hanno avuto un lavoro in Italia negli ultimi 44 anni, ma restiamo ancora lontanissimi dal resto d’Europa: siamo storicamente un Paese con un altissimo numero di persone che, purtroppo e per diversi motivi, non lavorano. (Tutti i dati ISTAT sul lavoro qui).
Si conferma invece da tempo il trend in discesa per il tasso di disoccupazione, il rapporto tra chi cerca un lavoro e non lo trova sul totale della popolazione attiva, quindi occupati e disoccupati. A giugno il dato tocca l’8,1%: numeri che, ad eccezione della parentesi Covid in cui il calo era accompagnato a un tracollo degli occupati, non si vedevano nel nostro Paese da 11 anni.
Lo scenario è decisamente incoraggiante e si accompagna all’analisi del Fondo Monetario Internazionale, che nel suo consueto rapporto sul nostro Paese, prevede una crescita del PIL di poco superiore al 3% per quest’anno, e anche nel 2023 la crescita continuerà, facendoci affermare come il miglior Paese dell’eurozona.
Come detto sopra, il dato sull’occupazione va analizzato anche sotto un altro aspetto: l’ISTAT ha recentemente cambiato la definizione di inoccupati, considerando in questa categoria i cassaintegrati da più di due mesi. Non possiamo negare che l’occupazione è realmente cresciuta, come sono sicuramente cresciuti i nuovi contratti, ma il grande aumento dei contratti a tempo indeterminato è sicuramente dato dal rientro dalla cassa integrazione di molti lavoratori. Nonostante questa anomalia statistica, i dati continuano a rimanere più che positivi.
Purtroppo però, nonostante tutte queste buone e incoraggianti notizie, persiste un problema che sembra difficile da superare, almeno per il momento: la mancanza di competenze. Ed è un problema che noi di Cifap Formazione conosciamo bene. Infatti le aziende fanno sempre più fatica a trovare personale specializzato che possa svolgere determinati compiti e i lavoratori hanno perso la fiducia nei datori di lavoro. Questa tendenza è assolutamente da invertire e si può fare solo attraverso un collegamento costante tra domanda e offerta di lavoro.
Ne abbiamo già parlato, è il nostro lavoro, la formazione continua è ormai indispensabile, sia per la professionalizzazione sia per il reinserimento in altre realtà lavorative. Il nostro compito come formatori è dare le competenze specifiche ai lavoratori del futuro, permettendogli di poterle offrire alle aziende che cercano collaboratori. La crescita economica, unita a una, si spera, normalizzazione dei prezzi, genererà nuovi posti di lavoro per il futuro, e a questa crescente domanda bisognerà rispondere velocemente, anche per evitare la fuga di aziende all’estero.